L’emergenza sanitaria ha permesso un vero e proprio boom del lavoro in smart working. Il lockdown e la chiusura forzata della maggior parte delle attività ha spinto infatti dirigenti e titolari a correre ai ripari entro breve.
Le uniche realtà che si sono “salvate” dallo smart working sono poche, come il settore industriale e quello alimentare. Anche se lavorare da casa può sembrare un vantaggio a prima vista, in realtà i cittadini di tutto il mondo si sono dovuti confrontare con delle difficoltà senza pari.
Solo pochissime persone erano abituate a lavorare in smart working anche prima del lockdown. Pensiamo per esempio al settore informatico o delle telecomunicazioni: sono tutti ambiti in cui già da tempo è previsto il lavoro da remoto. La pandemia invece ha imposto alla maggior parte dei lavoratori di fare leva su questa pratica per continuare a mantenere in vita tante realtà. Una vera e propria modalità di lavoro che ha fatto emergere anche dei dati interessanti per quanto riguarda i suoi scogli.
Quali sono quindi le più grandi difficoltà dello smart working? Secondo alcuni dati, sembra che il 22% delle persone abbiamo incontrato maggiori difficoltà nell’abbandonare il consueto posto di lavoro. Il 19% invece ha subito le conseguenze della solitudine forzata, mentre il 17% ha riscontrato dei problemi per quanto riguarda la comunicazione e la collaborazione. Senza considerare che il 10% si è distratto proprio perchè si trovava a casa, mentre l’8% dei lavoratori ha perso la sua nota motivazione.
Lavorare da casa e non dall’ufficio mette in luce anche altri aspetti di questo mondo nascosto. Per esempio solo il 15% dei datori di lavoro ha deciso di agevolare il personale, facendosi carico del pagamento della connessione internet. Ad oggi, in tutto il mondo lo smart working ha preso piede e si stanno delineando tutte le esigenze collegate. Per esempio la possibilità di avere un rimborso per l’abbonamento del telefono. Viviamo in un mondo in continuo movimento e anche quando ci siamo ritrovati bloccati fra quattro mura, non abbiamo di certo smesso di usare smartphone e tablet per continuare a lavorare.
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